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Giurisprudenza commentata

Sospensione pubblicazione dei protesti di titoli con ricorso d'urgenza

Tribunale di Pistoia, sez. di Monsummano Terme, ordinanza 19.05.2001
[Dott. Pierpaolo Grauso]


di Franco Ballati



Possibilità di richiedere al Giudice ordinario, ex art. 700 c.p.c., la sospensione della pubblicazione dei protesti di titoli (effetti ed assegni bancari) senza dover ricorrere al preventivo esperimento dell' azione in via amministrativa.

Di notevole interesse giuridico appare l'ordinanza del G.I. del Tribunale di Pistoia, Dott. Grauso, che si commenta sia nel merito che sotto il profilo procedurale.



La pronuncia (conferma del provvedimento di sospensione della pubblicazione dei protesti di numerosi assegni di c.c.) trae origine da un ricorso di urgenza, anteriore alla causa di merito, proposto da persona titolare di attività commerciale, che a seguito della avvenuta falsificazione della firma di traenza di ben 35 assegni di c.c. bancario ad esso intestati e del successivo protesto, aveva subito un grave danno, sia per la lesione della sua reputazione commerciale, sia per l'impossibilità di accedere alle risorse del credito bancario ed aveva quindi richiesto all'autorità giudiziaria la cancellazione e/o la sospensione della pubblicazione, sul bollettino tenuto dalla C.C.I.A.A., del protesto dei titoli in questione.

*** *** ***

Precedentemente alla entrata in vigore della L. 235/00 (120 gg. dopo la pubblicazione sulla G.U., avvenuta il 28.8.2000), come evidenziato dal Giudice, la L. 12.2.1955, n.77, all'art. 3, prevedeva la possibilità di chiedere la cancellazione del proprio nome dall'elenco dei protesti solo:

- per il debitore che avesse eseguito il pagamento dell'effetto cambiario entro 60 gg. dall'effettuazione del protesto (ma non di un assegno cambiario - vedi sent. Corte Cost. 5.7.90, n. 317);

- per i pubblici ufficiali incaricati della effettuazione del protesto o per le aziende di credito, ove il protesto fosse stato illegittimamente o erroneamente levato.

L'istanza, unitamente al titolo protestato ed alla quietanza di pagamento, doveva essere presentata al Presidente del tribunale competente.

Nessuna tutela era assicurata alla persona o società che avesse subito il protesto illegittimo o causato da errore.

La giurisprudenza e la dottrina avevano a lungo dibattuto se il debitore, oggetto di un protesto illegittimo o erroneo, potesse chiedere ed ottenere un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. volto ad impedire la pubblicazione del protesto fino all'esito dell'instaurando giudizio di merito volto a farne dichiarare l'illegittimità.

Era prevalso, di gran lungo maggioritaria, la tesi negativa; fino alla pronuncia, a Sezioni Unite, della S.C.C., n. 1612/1989, la cui massima testualmente si riporta:

"La richiesta di divieto di pubblicazione sul bollettino della Camera di Commercio di un protesto cambiario già levato appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, il quale può, al riguardo, esercitare i poteri di cognizione e di condanna, nonché quelli cautelari previsti dall'art. 700 c.p.c., con conseguente possibilità di ordinare la sospensione della pubblicazione stessa ove sussista il fondato timore che durante il tempo occorrente per far valere in via ordinaria il diritto vantato si verifichi un pregiudizio irreparabile"

Atteso che "l'attività delle Camere di Commercio in materia di pubblicazione degli elenchi dei protesti cambiari consiste in una mera operazione materiale che, senza alcun potere discrezionale, ha come risultato la divulgazione di notizie, risolvendosi, quindi, in comportamenti che rientrano nella categoria degli atti materiali posti in essere all'infuori di una potestà amministrativa".

*** *** ***

La legge 235/00 ha profondamente innovato la materia.

E' stata estesa anche al debitore protestato la possibilità di ricorrere avverso il protesto illegittimo ed erroneo; il termine per la presentazione dell'istanza è stato prolungato fino a dodici mesi, decorrenti dalla data di levata del protesto; l'istanza deve essere presentata al Presidente della C.C.I.A.A. competente e non più al Presidente del Tribunale ed è prevista la possibilità di ottenere la cancellazione solo dei protesti cambiari (e non anche degli assegni).

La competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria è prevista solo in caso di rigetto o mancata decisione sull'istanza di cancellazione: in questo caso, il ricorso deve essere presentato nel termine di 20 gg., davanti al Giudice di Pace del luogo di residenza del debitore protestato.

*** *** ***

Nel caso in esame, fra le altre cose, la C.C.I.A.A. ha eccepito proprio la improcedibilità del ricorso, per non avere il ricorrente esperito preventivamente il procedimento amministrativo (sopra accennato).

Il Giudice, nel ribadire che la nuova disciplina sulla cancellazione dei protesti non può non applicarsi anche ai protesti elevati anteriormemente all'entrata in vigore della nuova legge, ha respinto tale eccezione proposta, sulla base di considerazioni che appaiono ineccepibili.

Con la nuova disciplina, infatti, al Presidente della C.C.I.A.A. sono state trasferite le precedenti attribuzioni del Presidente del Tribunale (procedimento amministrativo che mantiene le stesse caratteristiche del precedente procedimento camerale); e, dunque, può essere "non irragionevole la necessità . di un preventivo ricorso amministrativo per la cancellazione della pubblicazione del protesto" limitatamente ai casi in cui i vizi del protesto risultino immediatamente dall'esame della documentazione prodotta dall'istante e non richiedano l'assunzione di mezzi istruttori; ma non certo quando si deduca l'esistenza di un protesto illegittimo (per esempio, la falsificazione della firma di traenza sul titolo protestato), che consente al soggetto di ricorrere direttamente l'autorità giudiziaria, ed in particolare al Tribunale in sede cautelare.

La competenza del Giudice di Pace, prevista, come abbiamo visto, dalla L. 235/2000 e modellata sul rito del lavoro - ma sul punto non esistono pronunce giurisprudenziali - sarebbe quindi limitata e "confinata al medesimo ambito .riservato al Presidente della Camera di Commercio in sede di procedimento amministrativo".

Il Giudice di Pace, pertanto, non sarebbe competente in caso di protesto di assegni di c.c., la cui fattispecie la legge in questione non prevede in alcun modo.

La decisione del Giudice sul punto appare corretta; così come ovvia e pacifica l'ulteriore considerazione che, in ogni caso, "è comunque riservata alla cognizione del Tribunale la tutela cautelare anche se la causa di merito appartenga alla competenza del Giudice di Pace"


Avv. Franco Ballati


 

 

IL GIUDICE

a scioglimento della riserva che precede;

 

letti gli atti e documenti di causa;

 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nella causa civile iscritta al n. 4078 del Ruolo Generale per gli Affari Contenziosi dell’anno 2001, e vertente

TRA

N. G. (Avv. S. G.)

ricorrente

E

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Firenze (Avv. B.)

resistente

NONCHE’

C. R.

contumace

FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso ante causam depositato il 23 febbraio 2001, G. N., premesso di essere titolare di un’attività commerciale nel settore dell’abbigliamento, esponeva che in sua assenza uno dei suoi collaboratori, tale R. C., si era appropriato di alcuni blocchetti di assegni relativi a conto correnti bancari intestati ad esso ricorrente, e ne aveva emessi trentuno falsificando la firma di traenza, al fine di soddisfare creditore personali; gli assegni, rimasti insoluti, erano stati successivamente protestati.

Allo stesso modo, il C. aveva altresì emesso per scopo personale trentadue titoli cambiari, utilizzando come firma di traenza la sottoscrizione apocrifa del N., ed anche dette cambiali erano state protestate.

Conseguentemente, una volta adoperatosi per rintracciare i portatori dei titoli emessi dal C. onde provvedere al pagamento degli stessi, il N. chiedeva a questo tribunale disporsi in via d’urgenza la cancellazione e/o la sospensione della pubblicazione, nel bollettino tenuto dalla competente CC.I.A.A., del protesto dei titoli abusivamente emessi dal C., in quanto lesivo della sua reputazione commerciale, ed ostativo alla prosecuzione dell’attività sotto il profilo dell’impossibilità di accedere al credito bancario proprio a causa della pubblicità dei protesti in questione.

Disposta dal giudice in via provvisoria, ex art. 669-sexies co. 2 c.p.c., la sospensione della pubblicazione dei protesti dei titoli di cui al ricorso, si costituiva in giudizio la sola C.C.I.A.A. di Firenze, concludendo per il rigetto del ricorso.

Rimasto contumace il convenuto C., all’udienza del 20 marzo 2001 il procuratore di parte ricorrente precisava la domanda, nel senso di estenderla a quattro ulteriori titoli emessi dal C. con firma apocrifa, ed anch’essi protestati.

Sulle rispettive istanze delle parti costituite, il giudice si riservava assegnando doppio termine per memorie difensive e repliche.

 

2. La legge 12 febbraio 1955, n. 77, in materia di pubblicazione dei protesti cambiari, nel testo anteriore alla legge 18 agosto 2000, n. 235, prevedeva all’art. 3 (a sua volta modificato dall’art. 12 della legge 12 giugno 1973, n. 349) la possibilità per il debitore, il quale avesse eseguito il pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario nel termine di sessanta giorni dalla levata del protesto, di chiedere la cancellazione del proprio nome dall’elenco dei protesti, proponendo formale istanza al presidente del tribunale competente, corredata del titolo quietanzato e dell’atto di protesto o della dichiarazione di rifiuto del pagamento.

Analoga facoltà era inoltre prevista per i pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto, o per le aziende di credito, qualora si fosse proceduto illegittimamente o per errore alla levata stessa.

Ai sensi del comma quinto della norma citata, il presidente del tribunale, accertata la regolarità del pagamento o la sussistenza dell’illegittimità o dell’errore, disponeva quindi la cancellazione del protesto, all’esito di un provvedimento sommario semplificato, del quale la dottrina ha evidenziato il carattere unilaterale (vertendosi in una situazione di carenza di conflitto di interessi), a cognizione esclusivamente documentale.

Come si vede, la disciplina in esame limitava al pubblico ufficiale incaricato della levata del protesto ed all’istituto di credito richiedente la legittimazione a proporre al presidente del tribunale l’istanza per la cancellazione del protesto, escludendo il debitore illegittimamente od erroneamente protestato, ma la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità sollevata con riferimento a tale esclusione, osservando come la richiesta di cancellazione da parte del pubblico ufficiale o dell’azienda di credito, prescindendo dall’avvenuto pagamento del titolo, fosse finalizzata a rimuovere eventuali errori e comunque ad evitare la pubblicazione di un protesto illegittimo, a tutela di un interesse dell’ordinamento alla legalità e certezza dell’atto di protesto, non coincidente con l’interesse del debitore protestato, e pertanto suscettibile di differente trattamento (Corte Cost. 25 febbraio 1988, n. 208).

Inoltre, l’istanza al presidente del tribunale aveva ad oggetto, secondo il dettato legislativo, la cancellazione del protesto di cambiali o vaglia cambiari, ma non di assegni bancari, ed a fronte dei contrasti giurisprudenziali circa la possibilità di addivenire ad un’interpretazione estensiva della norma, la Corte Costituzionale ancora ha dichiarato non fondata la relativa questione di legittimità, ritenendo non assimilabile la posizione del debitore cambiario rispetto a quella del traente di un assegno bancario, in ragione della diversità della funzione tipica dei titoli di credito considerati, da cui la non irragionevolezza di una disciplina differenziata e della mancata estensione al traente dell’assegno della possibilità di chiedere la cancellazione del protesto, sul presupposto della necessaria disponibilità dei fondi presso il trattario sin dal momento della emissione dell’assegno (Corte Cost. 5 luglio 1990, n. 317).

 

3. Nel vigore di tale disciplina, è maturato il dibattito intorno alla ammissibilità di adire in via d’urgenza il giudice ordinario, ai sensi dell’art. 700 c.p.c., in fattispecie non direttamente riconducibili a quelle previste dal sopra citato art. 3, ad esempio da parte del debitore protestato che intendesse ottenere la cancellazione del protesto erroneo o illegittimo nelle ipotesi in cui il pubblico ufficiale o l’istituto di credito non avessero attivato il procedimento dinanzi al presidente del tribunale; ovvero nella diversa ipotesi di soggetto il quale negasse di aver mai assunto l’obbligazione cartolare, deducendo l’apocrifia della sottoscrizione del titolo protestato, o l’esistenza di un caso di omonimia.

La soluzione positiva, a seguito della nota sentenza SS.UU. 3 aprile 1989, n. 1612 (la quale ha escluso che l’attività delle Camere di Commercio in materia di pubblicazione degli elenchi dei protesti comporti l’esercizio di poteri discrezionali, consistendo in una mera attività materiale, soggetta alla cognizione del G.O.), è stata costantemente affermata dalla prevalente giurisprudenza di merito, ed intesa nel senso di riconoscere al giudice il potere non solo di cancellare il protesto già pubblicato, ma anche si sospenderne il via cautelare la pubblicazione, con il risultato di inibirla del tutto, nel caso di definitiva cancellazione del protesto dal relativo elenco all’esito del giudizio di merito conseguente al procedimento cautelare in cui sia stata disposta la sospensione.

L’azione proposta dinanzi al giudice ordinario può avere ad oggetto, evidentemente, tanto il protesto di titoli cambiari, che di assegni bancari, non operando le limitazioni di cui alla legge speciale, e potendo la differente natura dei titoli incidere eventualmente solo sul merito della fondatezza della domanda.

 

4. La legge 18 agosto 2000, n. 235, ha sostituito gli artt. 3 e 4 della legge 77/55, di modo che l’art. 4 nel testo attuale prevede la facoltà per il debitore, il quale abbia provveduto al pagamento della cambiale o del vaglia cambiario protestati entro dodici mesi dalla levata del protesto, di ottenere la cancellazione del proprio nome dal registro informatico di cui all’art. 3-bis D.L. 18 settembre 1995, n. 382, ovvero, se abbia provveduto al pagamento oltre il termine indicato, di ottenere la relativa annotazione sul registro informatico; in entrambi i casi, mediante apposita istanza al presidente della C.C.I.A.A. competente per territorio (art. 4 co. 1).

Analoga istanza può essere presentata da chiunque dimostri di aver subito levata di protesto, a proprio nome, illegittimamente od erroneamente, nonché dai pubblici ufficiali incaricati della levata del protesto o dalle aziende di credito, qualora si sia illegittimamente o per errore proceduto alla levata (art. 4 co. 2).

Il presidente della C.C.I.A.A. provvede sull’istanza non oltre il termini di venti giorni dalla proposizione della stessa e, sulla base dell’accertamento della regolarità del pagamento o della sussistenza della illegittimità o dell’errore, accoglie l’istanza e dispone la cancellazione del protesto dal registro informatico attraverso il quale si provvede alla pubblicazione ufficiale dei protesti cambiari; in caso contrario, respinge l’istanza (art. 4 co. 3).

In caso di reiezione dell’istanza o di mancata decisione sulla stessa, è espressamente prevista la possibilità per l’interessato di fare ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria, e la competenza è attribuita al giudice di pace del luogo di residenza del debitore protestato (art. 4 co. 4).

Le novità più salienti della nuova disciplina, ferma restando la distinzione di trattamento fra protesto di titoli cambiari e di assegni bancari, sono costituite da un lato dall’estensione al debitore protestato della facoltà di ricorrere avverso il protesto illegittimo o erroneo; dall’altro, dalla eliminazione del procedimento camerale di competenza del presidente del tribunale, sostituito da un procedimento amministrativo davanti al presidente della Camera di Commercio, con facoltà di adire il giudice ordinario nell’evenienza di rigetto o mancata pronuncia nel termine di venti giorni.

Invocando l’applicabilità della nuova disciplina al presente giudizio, la Camera di Commercio resistente eccepisce la improcedibilità del ricorso, per non avere il ricorrente previamente esperito il procedimento amministrativo dinanzi al presidente della C.C.I.A.A., nonché la incompetenza territoriale del giudice adito, e deduce la infondatezza della domanda anche nel merito.

 

5. Questo giudice ritiene condivisibili le conclusioni della resistente in ordine alla immediata applicabilità della legge 235/2000 al presente giudizio, ma osserva come sia fuorviante (e superfluo) il richiamo alla retroattività della nuova normativa.

In termini generali, infatti, ogni nuova legge che non sia espressamente definita retroattiva dal legislatore, o manchi di una autonoma disciplina transitoria, ha un effetto immediato, investendo tutti i rapporti nati da un certo fatto formatosi sotto la legge anteriore, ad eccezione di quei rapporti già compiutamente definitisi nel vigore di quella legge anteriore; la nuova disciplina della materia opera nella determinazione del regime giuridico di tutte le fattispecie legali tipiche che si siano perfezionate sotto il suo impero, e non nell’ambito della normativa precedente, non potendo invece incidere - a meno di non dichiarare la propria retroattività - sulle fattispecie già compiute al momento della sua entrata in vigore.

Per queste ragioni non può dubitarsi che la nuova disciplina sulla cancellazione dei protesti cambiari si applichi immediatamente anche ai protesti levati anteriormente all’entrata in vigore della legge, e per i quali sia ancora pendente il termine per la presentazione dell’istanza di cancellazione, essendo tale conclusione avvalorata dalla natura procedimentale delle disposizioni in esame (mentre suscita qualche perplessità, alla luce dei principi dianzi esposti, la estensione del nuovo art. 4 a tutti i protesti levati nei dodici mesi precedenti la entrata in vigore della legge, di cui alla circolare Ministero dell’Industria 8 febbraio 2000, in atti).

 

6. Da quanto precede, non discendono tuttavia la conseguenze in punto di improcedibilità volute dalla difesa della Camera di Commercio.

La Corte Costituzionale ha in diverse occasioni affermato il principio secondo cui l’assoggettamento dell’azione giudiziaria all’onere di preventivo esperimento di rimedi amministrativi, con conseguente differimento del termine di proponibilità dell’azione, è legittimo solo se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia, fermo restando che, pur nel concorso di tali circostanze, il legislatore deve contenere detto onere nella misura meno gravosa possibile; e la Corte ha talora fatto ricorso alla strumento della declaratoria di incostituzionalità (cfr. sent. n. 56 del 1995), talora alla sentenza interpretativa di rigetto, superando i dubbi di legittimità costituzionale in forza di un’interpretazione adeguatrice che ha escluso la necessità del previo esperimento del ricorso amministrativo ai fini della tutela giurisdizionale (cfr. sentt. nn. 255 e 311 del 1994).

La valutazione circa la legittimità dello sbarramento imposto dalla legge 235/2000 non può peraltro prescindere dalla definizione dell’oggetto dell’accertamento demandato al presidente della C.C.I.A.A. in prima istanza, e quindi al giudice di pace.

Come già evidenziato, la legge citata si riferisce esclusivamente alla cancellazione dei protesti cambiari, di talché si osserva in primo luogo una non perfetta sovrapponibilità tra il procedimento dinanzi a presidente della Camera di Commercio e quello dinanzi al giudice ordinario, ogniqualvolta quest’ultimo abbia per oggetto, come nella pratica frequentemente accade, il protesto di assegni bancari, oppure non la cancellazione ma la sospensione della pubblicazione, a fini di inibitoria.

Se poi si torna ad assumere quale riferimento il modello dell’abolito procedimento camerale per la cancellazione del protesto illegittimo od erroneo dinanzi al presidente del tribunale, si è già visto come esso fosse fondato su una cognizione documentale, costituita sostanzialmente dalla dichiarazione confessoria dell’autore (pubblico ufficiale o istituto di credito) del protesto, unico soggetto peraltro legittimato a presentare il ricorso per la cancellazione.

Ora, atteso che il nuovo art. 4 co. 3 assegna al presidente della Camera di Commercio un termine obiettivamente ridotto per provvedere sull’istanza di cancellazione, sulla base dell’accertamento della illegittimità o dell’errore, e non gli attribuisce alcuno strumento pur latamente istruttorio (ma non si vede come possa il presidente della C.C.I.A.A. provvedere, senza almeno assumere informazioni presso l’ufficiale o l’istituto di credito a conferma di quanto dedotto dal ricorrente) onde approfondire detto accertamento, sembra doversi concludere che al presidente della Camera di Commercio siano state in definitiva trasferite le precedenti attribuzioni del presidente del tribunale, nel senso che il procedimento amministrativo mantenga il medesimo ambito del vecchio procedimento camerale, limitato a quei vizi del protesto risultanti immediatamente dall’esame della relativa documentazione (es. protesto levato fuori dai casi previsti dalle legge), e ciò anche qualora il procedimento sia introdotto dal soggetto ingiustamente protestato, il quale avrà l’onere di allegare all’istanza la documentazione da cui evincere l’errore o l’illegittimità.

Del resto, lo stesso tenore letterale della disposizione riformulata non sembra lasciare adito a dubbi, a meno di non voler attribuire un significato diverso ai medesimi termini “illegittimamente od erroneamente” secondo che il ricorso amministrativo sia introdotto dal soggetto protestato oppure dal pubblico ufficiale o dall’azienda di credito.

Delimitato in tal modo l’ambito del procedimento, può allora ritenersi non irragionevole la prevista necessità - in chiave deflattiva - di un preventivo ricorso amministrativo per la cancellazione della pubblicazione del protesto, anche in considerazione della brevità dello spatium deliberandi concesso all’autorità decidente, ferma restando la facoltà del soggetto protestato di adire direttamente il giudice in tutti i casi di protesto illegittimo per ragioni diverse da quelle risultanti dal titolo, e rispetto alle quali non può ritenersi sussistente la competenza del presidente della Camera di Commercio, come nel caso tipico di sottoscrizione apocrifa del titolo protestato (e negli altri casi che richiedano accertamenti non demandabili in via amministrativa).

 

7. Vi è peraltro una ulteriore considerazione che merita di essere perlomeno accennata, a completamento di quanto esposto, sebbene non risulti decisiva in questa sede, visto che la tutela cautelare è comunque riservata alla cognizione del tribunale ove la causa di merito appartenga alla competenza del giudice di pace.

Essa riguarda l’ambito delle nuove competenze del giudice di pace in materia di cancellazione dei protesti cambiari, come introdotta dalla legge 235/2000, ed in particolare la questione se detta competenza debba ritenersi confinata al medesimo ambito (illegittimità od erroneità del protesto risultante documentalmente) riservato al presidente della Camera di Commercio in sede di procedimento amministrativo, ovvero si estenda ad ogni altra ipotesi di illegittimità, si pensi all’eventualità in cui il presidente della Camera di Commercio respinga l’istanza ritenendo che la fattispecie esuli dai suoi poteri di accertamento, e l’interessato ricorra al giudice di pace per le medesime ragioni.

Ad avviso di che scrive, l’interpretazione sistematica della disciplina dovrebbe condurre ad affermare che i motivi di ricorso al giudice di pace siano solo quelli deducibili in via amministrativa, tale coincidenza giustificando anche l’onere del preventivo esperimento dell’istanza per la cancellazione dinanzi al presidente della Camera di Commercio; ferma rimanendo, lo si è rilevato, la competenza del tribunale in sede cautelare.

In conclusione, per effetto della novità legislativa costituita dalla legge 235/2000, l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria deve ritenersi condizionata al previo esperimento del ricorso amministrativo al presidente della Camera di Commercio nei soli casi in cui l’interessato assuma di aver subito un protesto illegittimo o erroneo, e l’accertamento circa la sussistenza vizi lamentati non richieda l’assunzione di mezzi istruttori, trattandosi di vizi risultanti ictu oculi dalla documentazione in possesso dell’istante, o tutt’al più suscettibili di accertamento mediante conferma da parte del pubblico ufficiale o dell’istituto di credito della illegittimità o della erroneità del protesto; l’istanza proposta dall’interessato, in sostanza, varrebbe in qualche misura come strumento per sollecitare la “confessione” da parte del soggetto cui è riconducibile la levata del protesto.

Legittimazione C.C.I.A.A.

 

8. In considerazione di quanto precede, può pertanto passarsi ad esaminare il merito del ricorso, atteso che la dedotta apocrifia della sottoscrizione dei titoli esula senz’altro dal limitato ambito che può ritenersi riservato al procedimento amministrativo per la cancellazione del protesto.

Il fumus boni iuris si evince dalla dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata dallo stesso convenuto C., secondo cui i titoli in questione sarebbero stati emessi falsificando la firma di traenza del ricorrente.

Quanto al pericolo nel ritardo, in questa fase cautelare esso può presumersi insito nella pubblicazione del protesto, considerata non solo l’incidenza negativa che la pubblicazione del protesto può verosimilmente avere sullo svolgimento dell’attività commerciale del ricorrente, ma anche la compromissione che dall’illegittimo protesto può derivare alla reputazione del soggetto protestato, sotto il profilo della lesione dei diritti della personalità costituzionalmente garantiti, cui consegue la perdita o riduzione di un valore dell’individuo (cfr. Cass. 3 aprile 2001, n. 4881). La circostanza che parte dei protesti risalgano ad alcuni anni addietro non toglie che la pubblicità degli stessi continui a produrre un pregiudizio non integralmente riparabile per equivalente nelle more del giudizio di merito, e suscettibile pertanto di tutela in via d’urgenza.

Deve essere pertanto confermato il provvedimento provvisoriamente pronunciato ex art. 669-sexies co. 2 c.p.c., estendendo la sospensione della pubblicazione dei protesti ai titoli indicati dalla difesa di parte ricorrente all’udienza del 20 marzo 2001, e cioè:

a) cambiale di lire 830.000, protestata il 7 settembre 2000;

b) cambiale di lire 500.000, protestata il 17 aprile 1998;

a) cambiale di lire 1.000.000, protestata il 31 gennaio 2001;

b) cambiale di lire 1.000.000, protestata il 28 febbraio 2001.

Deve essere inoltre corretta la data dei protesti di cui al ricorso nel senso indicato alla medesima udienza, e cioè:

a) protesto indicato al n. 25 del ricorso, eseguito il 21 settembre 1998, e non il 21 agosto 1998;

b) protesto indicato al n. 28 del ricorso, eseguito l’11 settembre 1998, e non l’11 agosto 1998.

P.Q.M.

visti gli artt. 700, 669-octies c.p.c.;

accoglie la domanda, e per l’effetto conferma il provvedimento di sospensione della pubblicazione dei protesti dei titoli di cui al ricorso, emesso con decreto del 27 febbraio 2001, disponendo la correzione del provvedimento nel senso di cui in motivazione, e disponendo altresì che la sospensione della pubblicazione dei protesti venga estesa ai titoli in motivazione meglio specificati;

fissa in trenta giorni il termine per l’inizio della causa di merito, all’esito della quale saranno liquidate le spese anche della presente fase cautelare.

Si comunichi.

Monsummano Terme, 19 maggio 2001

Il Giudice

dott. Pierpaolo Grauso

 

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